lunedì 15 dicembre 2008

Effetti speciali

Per capire che cosa è un uragano, un ciclone o un tifone, ancor meglio che a vedere il film ‘La tempesta perfetta’ con George Clooney, si dovrebbe leggere / rileggere 'Typhoon' di Joseph Conrad. Nella edizione Einaudi il testo originale inglese ha la sua traduzione in francese di André Gide a fronte pagina e quella italiana di Ugo Mursia a pié di pagina. Typhoon fu definito da Conrad stesso come ‘un pezzo di tempesta’, ed è di sicuro la più potente descrizione di un uragano mai realizzata in letteratura. Anche ricercando nella sua illustre schiera di antenati letterari, fra cui la Tempesta di Shakespeare e la burrasca di Melville descritta in Moby Dick, in nessuno di questi si troveranno pagine che terrorizzano letteralmente l’immaginazione come quelle di Typhoon. La scienza cinematografica moderna non serve. Tutti gli effetti speciali di Spielberg o di Lucas ridiventano quello che sono sempre stati, delle trovate da videogioco. Claude Debussy con il suo poema sinfonico ‘La mer’ ci fa sentire il respiro del mare in stato di quiete. In realtà però, il trucchetto di fare rivivere un cataclisma in formato tridimensionale riesce veramente solo alla prosa di Conrad, che sembra capace di far trasmigrare le anime dei morti nei vivi e viceversa, oltre che a dare una sua anima pervertita ad un evento naturale come è appunto un tifone. Se siamo alla ricerca di sensazioni forti, occorre cominciare a leggere Typhoon senza fretta e senza opporre resistenza alla sua pigra narrazione iniziale, con tutti i suoi preamboli ed ellissi / flash-back. Pian piano il tifone di Conrad fa il resto, e lo fa tutto da solo. La vicenda è lineare. In un giorno di Natale della fine ottocento, il piroscafo a vapore ‘Nan-Shan’ parte da un porto della Cina meridionale con un carico di coolies, direzione il porto di Fu-Chao. Al comando della nave è il capitano McWhirr, uomo ben padrone del suo mestiere, ma privo di immaginazione e sostanzialmente stupido. Il capitano è un uomo di roccia, prende le cose come vengono e non è turbato da ciò che non conosce, ma durante la navigazione si verifica un evento inaspettato. Il capitano si trova ad affrontare un tifone, ma ciò che egli legge nel manuale di navigazione, cioè che il tifone deve essere aggirato, gli appare fuori luogo. Lo skipper quindi decide di non aggirare il tifone, ma di attraversarlo, e a partire da quel momento cominciano i guai per il battello, il finimondo per l’equipaggio e la paura per il lettore. Non preoccupiamoci troppo se i nostri peli della nuca cominciano a rizzarsi. Siamo tutti traduttori, linguisti e un po’ letterati, e soprattutto a noi *piace* avere paura! In ogni caso le vicende narrate coprono un arco di tempo che dura solo circa settantadue ore, perché il viaggio del battello comincia verso le dieci di mattino, il tifone scoppia verso le dieci o le undici di sera, la nave entra nell'occhio del tifone verso l'una e mezza di mattino. Conrad ritrae il capitano del piroscafo Nan-Shan, come un antieroe, laconico e ottuso, ancorché giusto, e fa notare la sua inesperienza in fatto di tifoni:
“he had never been given a glimpse of immeasurable strength and of immoderate wrath, the wrath that passes exhausted but never appeased—the wrath and fury of the passionate sea… non aveva mai intravisto la forza incommensurabile e la collera smodata, la collera che passa e si esaurisce senza mai placarsi, la collera e la furia del mare adirato”. La traduzione di Ugo Mursia è magistrale, mantiene la ripetizione per tre volte della parola wrath, la collera, e traduce passionate con adirato (ma perché con incollerito?). Il traduttore di lusso André Gide essendo bisex e dotato di extra sensibilità, nella sua traduzione coglie meglio l’aspetto yin e yang di tutti i fenomeni descritti, e li rende con una traduzione raffinata. Essendo però innamorato dello stile di Conrad come lo può essere un amante, gli è quasi sempre infedele: “la force inquiète des flots, leur courroux impondérable, le courroux qui passe et retombe et qui n’est jamais apaisé, le courroux et l’emportement passionné de la mer, voilà ce qu’il ne lui avait jamais été donné d’entrevoir.” In realtà l’atout di Gide è tecnico, e consiste nel particolare armamentario fonetico della lingua francese, così ricca di semivocali sorde e cupe, che presto risuoneranno come il concerto di suoni funerari del tifone che si appresta a seviziare la nave e il suo equipaggio. Ricordiamo che Conrad scriveva in inglese, sua terza lingua acquisita a vent’anni dopo il francese, e che la sua lingua madre era il polacco. Il fatto che il polacco Joseph Korzeniowskij / Conrad avesse imparato a scrivere in uno stile mirabile in una terza lingua acquisita basterebbe a mandare all'aria tutto ciò che si è scritto in langit mamma negli ultimi tre anni nei vari filoni sul parlare e scrivere materno? No, perché Conrad era un genio e noi listaioli lo siamo meno di lui. Per superare il suo stesso traduttore in tecnica fonetica Conrad avrebbe dovuto scrivere in tedesco, lingua oltremodo adatta a riprodurre per onomatopeia tutta la discordanza di suoni di uno spaventoso fortunale.
Leggiamo con attenzione la descrizione del capitano McWhirr:
“Captain MacWhirr had sailed over the surface of the oceans as some men go skimming over the years of existence to sink gently into a placid grave, ignorant of life to the last, without ever having been made to see all it may contain of perfidy, of violence, and of terror”
che Ugo Mursia traduce con:
“ Il capitano McWhirr aveva navigato sulla distesa degli oceani così come tanti uomini scivolano sugli anni dell'esistenza per scendere dolcemente in una placida tomba, ignoranti della vita fino all'ultimo, senza aver mai avuto l'occasione di veder tutto ciò che essa può contenere di perfidia, violenza, terrore”
André Gide rende il passaggio con:
“Le capitaine McWhirr avait parcouru la surface des océans, comme certains gens glissent toute leur vie durant à la surface de l’existence, qui se coucheront enfin tranquillement et doucement dans la tombe, qui n’auront rien connu de la vie, qui n’auront jamais eu l’occasion de rien connaitre de ses perfidies, de ses violences, de ses terreurs.”
E' opportuno soffermarsi sulla fatica traduttoria di Gide e sui suoi commenti intorno al suo stesso lavoro di scrittore traduttore di un altro scrittore. Nella introduzione del libro fatta da Valerio Magrelli, leggo che Gide, " nella sua sconfinata ammirazione per l’amico-collega Conrad, è intento a officiare la traduzione di una letteratura nell'altra, davanti all'idolo del suo maestro”, di dodici anni più anziano di lui. A parte questa professione di fede di Gide, ci sono altri passaggi scritti da Gide sull’arte e sulla tecnica della traduzione letteraria, interessanti per noi traduttori. Ad esempio, sul tema delle traduzioni eseguite congiuntamente da più traduttori, Gide si esprime così:
“il risultato di questi tipi di collaborazione è sempre un ibrido: non si riesce a combinare alcunché di buono, a meno di non essere soli”. Tema su cui riflettere al momento di formare delle équipe di traduzione con altri colleghi! oppure: “è assurdo aggrapparsi troppo all'originale: se la traduzione è troppo esatta e coscienziosa, sarà necessaria una completa riscrittura… per una equivoca idea di correttezza, la lingua d'arrivo diventa incomprensibile, o quanto meno perde le sue qualità specifiche”. Va detto che a questa conclusione possiamo arrivarci da soli. E anche: “Bisogna tradurre frasi, non parole, esprimendo pensiero ed emozioni come sono stati scritti nella lingua originale”. Questa osservazione è scontata, anche se fatta da Gide. Poi c’è una osservazione più bella: “il tradimento della lettera è l'unica via che porta alla fedeltà allo spirito” , e un’altra più machiavellica: “imbrogli e deviazioni sono indispensabili, ma solo se praticati da qualcuno in grado di conoscere alla perfezione le risorse della propria lingua, e al contempo capace di penetrare lo spirito e la sensibilità dell'autore affrontato… per tradurre bene occorre seguire la logica di un perpetuo deviare e barare”. Se nel romanzo protagonista assoluto è il tifone, il teatro dell'azione è la nave. Questa non è un veliero, come in altri romanzi di Conrad, ma un battello a vapore. Per Conrad, la navigazione con un veliero è un viaggio eroico, il bordeggiare regolandosi sui venti è ancora “un'arte celeste, un compito da uomini, una meta in se stessa” (Valerio Magrelli). Ed ecco la novità di questo romanzo:
mentre il veliero deve solo sfruttare “il moto di variabili correnti d'aria” (Conrad), il mercantile a vapore arranca per rispettare dei tempi di consegna. La navigazione viene ora vista come “delitto e violazione del mare” (Valerio Magrelli) (chi si ricorda di “Quando Giason dal Pelio / Spinse nel mar gli abeti, / E primo corse a fendere / Co' remi il seno a Teti”, di Vincenzo Monti?). Lo skipper in questa opera di Conrad non più un sacerdote della navigazione al pari dei capitani che governavano i maestosi velieri del passato, ma si è trasformato in un “mediocre officiante” (Valerio Magrelli) di un dio pagano e prosaico (il motore a caldaia alimentata a carbone), il cui compito è solo di badare alla rotta di un piroscafo. Inoltre il capitano è “privo di una dimensione figurata o simbolica del reale, è incapace di compiere induzioni, ed è diffidente rispetto a qualsiasi esperienza basata sul linguaggio” (Valerio Magrelli). Ed ecco che quindi la nave diventa “il luogo di una sofferenza da Purgatorio, il cui modello supremo viene indagato nella tempesta di Shakespeare” (Valerio Magrelli).
Ora vediamo i prodromi del dramma.
Con il barometro che scende a precipizio, il capitano decide di non aggirare il tifone che si vede lontanissimo sull’orizzonte sotto forma di una sottile linea di nubi nere. Per il momento c'è ancora una bonaccia senza un filo di vento, l’afa è soffocante, il mare è livido e liscio. Il piroscafo…
“was ploughing a vanishing furrow upon the circle of the sea that had the surface and the shimmer of an undulating piece of gray silk”
“…tracciava un solco evanescente sul cerchio del mare la cui distesa brillava come un lembo di seta grigia increspata” (Ugo Mursia)
“…The sun, pale and without rays, poured down leaden heat in a strangely indecisive light”
“…Il sole, pallido e senza raggi, effondeva in una strana luce smorta un'afa plumbea” (Ugo Mursia)
“The lurid sunshine cast faint and sickly shadows. The swell ran higher and swifter every moment, and the ship lurched heavily in the smooth, deep hollows of the sea.”
“Il sole livido proiettava delle ombre fioche e appena distinte. Le onde del mare lungo si seguivano sempre più alte e frequenti, e la nave sbandava di colpo con violenza nelle gole lisce e profonde del mare.” (Ugo Mursia)
lontanissime ancora, sull’orizzonte l’ombra nera del tifone si fa più visibile:
“A dense bank of cloud became visible to the northward; it had a sinister dark olive tint, and lay low and motionless upon the sea, resembling a solid obstacle in the path of the ship. She went floundering towards it like an exhausted creature driven to its death”
“Verso nord divenne visibile un denso banco di nuvole; aveva un minaccioso color olivastro e, basso e immobile sul mare, pareva un ostacolo solido sulla rotta della nave. Questa gli andava incontro dibattendosi come un animale sfinito che viene condotto al macello”.
ora il tifone lascia udire il suo suono:
“A whistling could be heard now, upon the deep vibrating noise outside”
“Ora si udiva un sibilo dominare la profonda vibrazione del frastuono esterno”. (Ugo Mursia)
ora la nave entra nell’area del tifone:
“It was tumultuous and very loud—made up of the rush of the wind, the crashes of the sea, with that prolonged deep vibration of the air, like the roll of an immense and remote drum beating the charge of the gale”
“Era un frastuono profondo, fatto dalla furia del vento, dal mare in tumulto, e da una continua, profonda vibrazione dell'aria, simile al rullo di un tamburo immenso che battesse lontano la carica della burrasca.”
…un tamburo immenso che batte la carica della burrasca!!
cominciano ad apparire tutti i fantasmi di un visionario..
“Ahead of the ship he perceived a great darkness lying upon a multitude of white flashes; on the starboard beam a few amazing stars drooped, dim and fitful, above an immense waste of broken seas, as if seen through a mad drift of smoke”
“Avanti alla nave scorse tenebre fonde sopra una miriade d'argentei bagliori; al traverso a dritta un pugno di strane stelle fioche e incostanti languiva, sopra un immenso rovinio di onde rotte, e sembrava velato da un furioso turbine di fumo.” (Ugo Mursia).
Ora troviamo una scena che potrebbe essere stata dipinta da Rembrandt. La nave è circondata dalle tenebre (il tifone è cominciato prima della mezzanotte), una delle più furibonde tempeste dei mari della Cina infuria tutto intorno, un breve lampo illumina il teatro del dramma. Lo spazio dell’oceano intorno alla nave è un caverna buia, le creste dei marosi sono le stalagmiti che ricoprono il suo pavimento:
“A faint burst of lightning quivered all round, as if flashed into a cavern—into a black and secret chamber of the sea, with a floor of foaming crests”
“Il tenue sprazzo di un lampo tremolò tutt'intorno, come se balenasse in una caverna, in una nera e remota camera del mare, con un pavimento di creste spumeggianti.” (Ugo Mursia)
Questo quadro riporta invece alle tele da incubo di Jeronimus Bosch. Un lampo lascia intravvedere come in una istantanea le sagome dei marinai sul ponte, che tengono la testa bassa per sfuggire alle raffiche del tifone, e assomigliano ad arieti colti nell’atto di cozzare.
“It unveiled for a sinister, fluttering moment a ragged mass of clouds hanging low, the lurch of the long outlines of the ship, the black figures of men caught on the bridge, heads forward, as if petrified in the act of butting”
“Per un attimo sinistro e sconcertante esso rivelò il banco delle nuvole a brandelli che gravavano basse, il violento sbandare della lunga forma della nave, le nere figure degli uomini sorpresi sul ponte di comando, a testa bassa, come pietrificati nell'atto di cozzare” (Ugo Mursia)
Si pensava di essere nel male estremo immaginabile, ma il peggio arriva soltanto ora, all'improvviso e non annunciato. Una conflagrazione istantanea di tutti gli elementi mostra il vero volto del tifone. L’immagine usata da Conrad è quella di una ampolla ripiena di fiele/collera che s'infrange di colpo.
“The darkness palpitated down upon all this, and then the real thing came at last. It was something formidable and swift, like the sudden smashing of a vial of wrath. It seemed to explode all round the ship with an overpowering concussion and a rush of great waters, as if an immense dam had been blown up to windward.”
“Le tenebre ridiscesero palpitanti su tutto ciò, e quindi giunse il vero finimondo. Fu qualcosa di formidabile e istantaneo, come l'improvviso scoppio di un'ira immensa. Sembrò esplodere tutt'intorno alla nave con un urto tremendo e un irrompere immane di acque, come se sopravvento si fosse schiantata una diga enorme.” (Ugo Mursia)
Tuttavia, anche nel cuore della tempesta, si prova una spaventosa nostalgia della pace. Il giovane secondo in comando, in preda alla disperazione, ode da lontano la voce del capitano resa fioca dall'assordante rumore della tempesta. Questo bellissimo passaggio mi ricorda (prego non ridermi dietro) il ‘whisper words of wisdom’ in ‘Let it be’ di John Lennon.
“And again he heard that voice, forced and ringing feebly, but with a penetrating effect of quietness in the enormous discord of noises, as if sent out from some remote spot of peace beyond the black wastes of the gale; again he heard a man's voice—the frail and indomitable sound that can be made to carry an infinity of thought, resolution and purpose, that shall be pronouncing confident words on the last day, when heavens fall, and justice is done—again he heard it, and it was crying to him, as if from very, very far—"All right".
“E ancora udì quella voce, sforzata e fievole, ma che nell'enorme dissonanza di rumori aveva un effetto di calma penetrante, quasi venisse da qualche remoto angolo di pace di là dai neri deserti della burrasca; ancora egli udì una voce d'uomo, il fragile e indomito suono che può racchiudere l'immensità del pensiero, della certezza, delle intenzioni, che pronuncerà parole di conforto nell'ultimo giorno, quando i cieli cadranno e giustizia sarà fatta: ancora la udì, e gli gridava da lontano, tanto lontano: "Va bene!".” (Ugo Mursia)
poi, di nuovo la rabbia del tifone,
“An outburst of unchained fury, a vicious rush of the wind absolutely steadied the ship; she rocked only, quick and light like a child's cradle, for a terrific moment of suspense, while the whole atmosphere, as it seemed, streamed furiously past her, roaring away from the tenebrous earth”
“Un'esplosione di furia scatenata, un impeto maligno del vento immobilizzò completamente la nave; per un terribile istante di sospensione essa si dondolò soltanto, svelta e leggera come una culla, e parve che l'intera atmosfera infuriasse oltre, ruggendo lontano dal tenebroso globo.” (Ugo Mursia). Il tifone è un essere pensante in preda all’odio, ma ora si decuplica e diventa una folla che lincia la nave:
“The seas in the dark seemed to rush from all sides to keep her back where she might perish. There was hate in the way she was handled, and a ferocity in the blows that fell. She was like a living creature thrown to the rage of a mob: hustled terribly, struck at, borne up, flung down, leaped upon.”
“Nell'oscurità i marosi sembravano accorrere da ogni parte per trattenere la nave fino alla sua perdizione. C'era dell'odio nel modo in cui veniva maltrattata, ferocia in quei colpi che le si abbattevano addosso. Sembrava una creatura vivente gettata ad una folla inferocita: spinta con violenza, percossa, sollevata, gettata a terra, calpestata.” (Ugo Mursia)
All’improvviso si forma un'onda anomala di altezza smisurata, uno tsunami all'interno del tifone. Sul ponte della nave circondata dalla notte e dalla furia del fortunale, il capitano avvista una striscia bianca sovrastante una muraglia d'acqua che avanza a grande velocità incontro alla nave:
“Nobody—not even Captain MacWhirr, who alone on deck had caught sight of a white line of foam coming on at such a height that he couldn't believe his eyes—nobody was to know the steepness of that sea and the awful depth of the hollow the hurricane had scooped out behind the running wall of water”.
“Nessuno, nemmeno il capitano McWhirr, che solo sul ponte aveva visto avanzare una bianca cresta di schiuma ad un'altezza tale da non credere ai suoi occhi, nessuno avrebbe mai saputo la ripidità di quell'ondata enorme, e del vuoto spaventoso che l'uragano aveva scavato dietro quell'avanzante muraglia d'acqua.” (Ugo Mursia)
la nave s’innalza fino alla sommità dell’onda anomala, sosta per un istante, poi inclina la prua e discende nell’abisso sottostante, come se il mondo fosse piatto e la nave avesse raggiunto il bordo esterno ultimo. Ricorda la fine della nave di Odisseo nella Divina Commedia.
“With a tearing crash and a swirling, raving tumult, tons of water fell upon the deck, as though the ship had darted under the foot of a cataract. Down there they looked at each other, stunned. She dipped into the hollow straight down, as if going over the edge of the world.”
“Con uno scroscio lacerante e un tumultuare vorticoso, frenetico, si schiantarono sul ponte tonnellate d'acqua, come se la nave fosse stata lanciata sotto una cateratta. Laggiù si guardarono inebetiti. La nave precipitò dritta nel baratro, parve rovinare oltre il limite estremo della terra.” (Ugo Mursia)
La sequenza successiva è una delle più spaventose. Ricordo di avere visto qualcosa di simile in ‘Suspiria’ di Dario Argento. Nella scena del film si vede un essere umano semivampiro che avanza di profilo sullo sfondo di una parete color cremisi. A metà incedere verso l’estremità opposta dell’inquadratura l’essere mostruoso sosta un istante, come se si fosse accorto di una presenza, poi prende a volgere il suo volto da morto vivente, lentamente, molto lentamente, verso lo spettatore, verso di noi! L’azione esce dalla scena, il personaggio da incubo straripa dallo schermo e si dirige verso gli umani che lo stavano osservando! anche nel romanzo l'azione si blocca, e ciò accade nell’istante eterno in cui la nave si trova nella voragine scavata dall’onda anomala, i due marinai nella sala macchine non sanno se sono già morti, uno di loro si volge lentamente, rigidamente a fissare l’altro ad occhi sbarrati, con la mascella che gli cade:
“…turn his head slowly, rigid, cavernous, with the lower jaw dropping…”
“…girare lentamente la testa rigida, incavata, con la mascella che si abbassava…” (Ugo Mursia)
La salvezza della nave è annunciata all’ultimo momento. Il battello riesce a risollevarsi dalla voragine d’acqua:
“At last she rose slowly, staggering, as if she had to lift a mountain with her bows.”
“Alla fine la nave si sollevò lentamente, barcollando, come se con la prua dovesse sollevare una montagna”. (Ugo Mursia).
Dopo essere stato seviziato per ore, nella notte, da uno dei più furibondi tifoni dei mari della Cina meridionale, il battello del capitano McWhirr improvvisamente si stabilizza, i marosi si livellano, l’urlo del vento si smorza. La nave lentamente cessa di dibattersi tra le onde che vanno acquietandosi, subentra una calma enorme e innaturale, McWhirr esce sul ponte e vede un mare che diventa sempre più piatto e livido, al centro di un cerchio di nubi grige. Il suo battello è entrato nell’occhio del tifone.
“the Nan-Shan wallowed heavily at the bottom of a circular cistern of clouds. This ring of dense vapours, gyrating madly round the calm of the centre, encompassed the ship like a motionless and unbroken wall of an aspect inconceivably sinister.”
“la nave si dibatteva pesantemente al fondo di una cisterna di nubi. Quel denso cerchio di vapori, girando vorticosamente tutt'intorno alla calma del centro, avvolgeva la nave come una muraglia ferma, ininterrotta, dall'aspetto irreale e sinistro.” (Ugo Mursia)
la nave diventa un insetto che si dibatte sul fondo di un cisterna rotante fatta di nubi e di vapori. La calma è solo meccanica, l’angoscia non cessa di fronte a quell'incubo innaturale. E poi...si ricomincia a udire il suono lontano del tifone che non ha mai smesso d'infuriare al di là della coltre di nubi rotanti
“a low moaning sound, the infinite plaint of the storm's fury, came from beyond the limits of the menacing calm”
“un fioco lamento, il gemito infinito della tempesta in furia, venne di là dai confini di quella calma minacciosa” (Ugo Mursia)
"the faint, long-drawn roar of some immense wave rushing unseen under that thick blackness."
“il debole, prolungato rumoreggiare di una enorme onda invisibile avanzante sotto quelle tenebre fitte” (Ugo Mursia)
e questa è la mia ultima citazione dal libro. Ascoltate quel 'chant of a trampling multitude’, quel canto di guerra di un'armata immensa che avanza verso la nave per sopraffarla. Il tifone sta per inghiottire di nuovo gli umani. Qui la scena ricorda l’avanzare dell’esercito di orchi nel ‘Lord of the rings’. Ancora effetti speciali a iosa!
“The mutter of the winds drew near apace. In the forefront could be distinguished a drowsy waking plaint passing on, and far off the growth of a multiple clamour, marching and expanding. There was the throb as of many drums in it, a vicious rushing note, and like the chant of a tramping multitude.”
“Il mormorio del vento si avvicinava sempre più. Si poteva udire in prima linea come un lamento sopito e continuo, e più lontano l'accrescersi di molteplici clamori, che si estendevano avanzando. C'era il rullare di molteplici tamburi, una nota rabbiosa e violenta, e come il canto di una moltitudine in marcia.” (Ugo Mursia)
la versione di André Gide:
“le murmure du vent s’approchait rapide. En première ligne on pouvait distinguer une sorte de plainte assoupie et, très loin, à l’arrière, l’accroissement d’une clameur multiple qui s’avancait en s’étalant. On y distinguait comme des roulements d’une multitude de tambours, une note impétueuse et mauvaise, et le chant d’une foule en marche.”
Per finire, aggiungo una nota sulle allegorie e sulla filosofia che si desumono dall’opera. Innanzitutto c’è un "elemento altrettanto inquieto e pericoloso e mutevole del mare, e questo è oceano della vita umana" (Valerio Magrelli, curatore dell'edizione trilingue Einaudi). Inoltre la legge taciuta e sottintesa che regola l’opera è che, malgrado i suoi pericoli, questo oceano fisico è "di gran lunga preferibile al deserto della terra" (Valerio Magrelli) in cui vivono gli uomini. E’ la solidarietà degli uomini uniti nel loro sforzo per vincere il tifone che dà origine a questa visione del mondo e del destino degli uomini.
A questo punto potete anche posare il libro e rilassarvi. Vi sono piaciuti gli effetti speciali di Conrad? A proposito: se ora vi sentite spossati, ansimanti, percorsi da brividi e coperti di salsedine, non ditemi che non vi avevo avvertiti. Conrad sa essere scrittore molto realistico!